Cronache di viaggi attraverso il Giappone, tutte rigorosamente personali, con qualche informazione speriamo utile per altri viaggiatori.
giovedì 31 agosto 2017
Viaggiare in Giappone sempre connessi: SIM dati e router wifi
Internet in Giappone: SIM dati e router wifi
Da alcuni anni, finalmente, i turisti in Giappone possono acquistare o noleggiare delle SIM dati per avere la possibilità di usare internet in Giappone con i propri smartphone o apparecchi dotati di wifi.
Le compagnie che offrono questo servizio e le modalità di acquisto sono le più varie, così come le offerte e i servizi proposti.
Anche gli hotspot wifi gratuiti in Giappone sono decisamente aumentati negli ultimi anni, per cui non ci si deve più imbucare da Starbucks per connettersi gratis a internet, ma non sempre sono affidabili oppure richiedono noiose procedure di registrazione. Dedicherò a questo argomento un post più avanti, perché il discorso è comunque interessante e merita un approfondimento.
La scelta: SIM dati o router wifi?
Si può scegliere tra l'acquisto di una SIM valida per un determinato tempo e con un limite di dati, oppure il noleggio di un router wifi con le stesse caratteristiche. La differenza è che la SIM alla fine si butta, il router va invece riconsegnato.
La SIM non permette di telefonare, solo di usare la rete dati degli operatori mobili, esattamente come il router.
La comodità della SIM dati rispetto al router, a mio avviso, è che si ha un apparecchio in meno da portarsi appresso (sono una turista essenziale); eventualmente sarà il nostro telefono a fare da router condividendo la connessione con gli altri nostri dispositivi wifi. Ecco perché parlerò solo dell'acquisto della SIM dati in Giappone.
Quando e quale offerta SIM dati in Giappone scegliere?
Noi abbiamo preso l'abitudine di confrontare le offerte alcune settimane prima della partenza (di più non ha senso, perché cambiano costantemente) e poi decidere cosa ordinare prima di partire. Si potrebbe anche acquistare sul posto, ormai è noto ad esempio che all'aeroporto di Tokyo Narita sono stati installati dei distributori automatici di SIM dati, ma normalmente i prezzi online delle SIM dati sono migliori e la sicurezza di avere subito la SIM disponibile all'arrivo è impagabile.
Di solito per noi se la giocano queste due compagnie:
B-mobile
eConnect
B-mobile offre normalmente più GB di connessione oppure un periodo di tempo piuttosto esteso (dipende dal periodo), ma la configurazione richiede una rete wifi disponibile per poter accedere al sito, installare il profilo APN e scaricare il certificato di sicurezza. A Narita ad esempio si può fare, usando la connessione internet gratuita dell'aeroporto, ma per altri posti accertatevi prima di avere a disposizione una rete wifi aperta. Sconsigliata a chi non sa "giocare" con le impostazioni di rete.
eConnect costa mediamente di più, ma di solito permette un utilizzo più esteso nel tempo e soprattutto non richiede nessuna configurazione per funzionare. In più ha un'app di controllo davvero molto ben fatta (consiglio di scaricarla prima della partenza così da averla subito disponibile), che da anche la possibilità di acquistare più GB se serve. Ha dalla sua la semplicità di utilizzo, il contro è il prezzo.
Voi avete provato queste o altre soluzioni? Come vi siete trovati?
Resta inteso che se finisco in uno Starbucks la loro connessione la uso lo stesso, perché di solito è una scheggia! ;)
martedì 29 agosto 2017
Turisti in Giappone: buoni e cattivi
Nel mio precedente post Giappone e tatuaggi concludevo con una semplice riflessione su quello che per me significa essere un turista (virtuoso): "Si deve viaggiare tenendo conto di una cosa fondamentale: ovunque andiamo noi siamo ospiti, non padroni di casa" (...) "nel massimo rispetto per chi ci accoglierà". Ora, è evidente che io non sia l'unica a pensarla in questo modo, e proprio oggi sono incappata in questo articolo di Japan Times, il cui titolo tradotto è "La colpa dei 'cattivi turisti' in Giappone sta nei consigli che non ricevono".
In Giappone i turisti si differenziano quindi in buoni e cattivi, con un notevole astio verso questi ultimi.
L'articolo confuta alcune cose che scrivevo nel citato post, ad esempio "I turisti che non si adattano alle regole non sono certo una risorsa che possa invogliare un governo, che vede già un forte e costante incremento di presenze negli ultimi anni (...)". Io non entravo troppo nel dettaglio citando i numeri, ma Japan Times sì: nel 2016 il Giappone ha registrato la cifra record di 24 milioni di turisti in ingresso nel Paese, e i giapponesi ne criticano le diffuse cattive maniere (in particolare dei turisti asiatici).
Ecco però che l'autore dimostra da dove scrive. Non si può semplicemente condannare un comportamento o una situazione, pur deplorevole che sia: se l'intento è risolvere il problema, o quanto meno analizzarlo seriamente, il primo passo è fare autocritica. Questo in un Paese civile e governato dalle regole, almeno. Ecco che quindi il Giappone deve prendersi la responsabilità di insegnare il decoro ai turisti che vuole attrarre, invece di aspettarsi semplicemente che lo conoscano di base. Già qualcosa è stato fatto, come volantini e altri segnali di attenzione alle regole più comuni (ad esempio le regole di comportamento nelle famose onsen, le terme giapponesi), ma molto deve essere ancora fatto.
Il suggerimento dell'autore al governo giapponese è quello di educare tutti i turisti, buoni e cattivi, alle molte regole che non tutti possono conoscere prima di partire. Il mio personale suggerimento ai turisti, invece, resta quello di non aspettare che siano gli altri a dirci cosa fare, ma cerchiamo sempre di partire il più preparati possibile, e non esitiamo a osservare e chiedere quando siamo sul posto. Non spegniamo mai il cervello, viaggiare vuol dire anche cogliere ogni occasione per imparare.
mercoledì 23 agosto 2017
Giappone e tatuaggi
Chi conosce almeno un poco la cultura giapponese sa che i tatuaggi in Giappone non sono generalmente ben visti in società, non conta che siano grandiose opere d'arte "a tutto corpo" o piccolissime riproduzioni di nomi o graziosi animaletti. Vige quindi il divieto di ingresso a persone tatuate in luoghi come stabilimenti termali, piscine (pubbliche e private), parchi acquatici, e così via.
In questi giorni, però, il web (occidentale) si sta infervorando attorno alla questione, con sdegno e pretese: il governo giapponese deve fare qualcosa, il turismo internazionale è penalizzato, in vista delle Olimpiadi la questione va risolta... e altre amenità su questi toni di grande presunzione.
Presunzione, sì, perché chi scrive e si indigna presume che il suo punto di vista sia giusto e inoppugnabile: il resto del mondo ama i tatuaggi, il Giappone si deve adeguare e basta.
Dov'è finito il rispetto? Rispetto per un paese diverso dal proprio, in cui vigono regole di comportamento che sono generalmente esemplari e grazie alle quali il paese, densamente popolato e perciò estremamente organizzato, risulti essere uno dei più sicuri e belli da visitare e in cui vivere.
Chi e in base a quale diritto si sente di poter cambiare le regole in casa di altri? Le Olimpiadi di Tokyo 2020 non saranno un problema: gli atleti potranno esibire in gara i tatuaggi, ma se andranno in luoghi pubblici in cui viga il divieto lo dovranno rispettare come ogni altra persona, giapponese o meno.
I turisti che non si adattano alle regole non sono certo una risorsa che possa invogliare un governo, che vede già un forte e costante incremento di presenze negli ultimi anni, a imporre alla sua popolazione un cambiamento di opinione. Perché questo è: l'opinione pubblica è ancora per la maggior parte dell'idea che le persone non debbano mostrare i propri tatuaggi in pubblico. Imporre il cambiamento per qualche straniero di passaggio sarebbe davvero una buona idea? Io sono convinta di no.
Si deve viaggiare tenendo conto di una cosa fondamentale: ovunque andiamo noi siamo ospiti, non padroni di casa, e nessuno ci obbliga a partire così come nessuno è obbligato a riceverci. Impariamo a informarci e valutare cosa possiamo accettare o meno, prima di decidere se partire. Ma se decidiamo di andare, stiamo anche accettando di adeguarci a quello che troveremo, nel massimo rispetto per chi ci accoglierà.
In questi giorni, però, il web (occidentale) si sta infervorando attorno alla questione, con sdegno e pretese: il governo giapponese deve fare qualcosa, il turismo internazionale è penalizzato, in vista delle Olimpiadi la questione va risolta... e altre amenità su questi toni di grande presunzione.
Presunzione, sì, perché chi scrive e si indigna presume che il suo punto di vista sia giusto e inoppugnabile: il resto del mondo ama i tatuaggi, il Giappone si deve adeguare e basta.
Dov'è finito il rispetto? Rispetto per un paese diverso dal proprio, in cui vigono regole di comportamento che sono generalmente esemplari e grazie alle quali il paese, densamente popolato e perciò estremamente organizzato, risulti essere uno dei più sicuri e belli da visitare e in cui vivere.
Chi e in base a quale diritto si sente di poter cambiare le regole in casa di altri? Le Olimpiadi di Tokyo 2020 non saranno un problema: gli atleti potranno esibire in gara i tatuaggi, ma se andranno in luoghi pubblici in cui viga il divieto lo dovranno rispettare come ogni altra persona, giapponese o meno.
I turisti che non si adattano alle regole non sono certo una risorsa che possa invogliare un governo, che vede già un forte e costante incremento di presenze negli ultimi anni, a imporre alla sua popolazione un cambiamento di opinione. Perché questo è: l'opinione pubblica è ancora per la maggior parte dell'idea che le persone non debbano mostrare i propri tatuaggi in pubblico. Imporre il cambiamento per qualche straniero di passaggio sarebbe davvero una buona idea? Io sono convinta di no.
Si deve viaggiare tenendo conto di una cosa fondamentale: ovunque andiamo noi siamo ospiti, non padroni di casa, e nessuno ci obbliga a partire così come nessuno è obbligato a riceverci. Impariamo a informarci e valutare cosa possiamo accettare o meno, prima di decidere se partire. Ma se decidiamo di andare, stiamo anche accettando di adeguarci a quello che troveremo, nel massimo rispetto per chi ci accoglierà.
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