domenica 7 aprile 2013

Hakodate, qual buon vento?


Lunedì mattina, dopo una buona colazione con vista dall’ultimo piano del nostro albergo, abbiamo lasciato Sapporo diretti a Hakodate. Il treno ci ha consegnato alla città dopo tre ore di viaggio, e il sollievo per la mancanza di neve è durato poco: Hakodate se ne sta adagiata tra un mare e un oceano, il che a quanto pare la rende facilmente e terribilmente ventosa. La temperatura già bassa era quindi ulteriormente inasprita, e noi poveri turisti siamo stati sbatacchiati e congelati per tutto il nostro giorno di visita alla città.




Il tour è iniziato con una breve corsa sul tram per raggiungere la parte storica, Motomachi. Qui abbiamo passeggiato tra le vie del porto e ci siamo poi inerpicati sulle salite che portano alle costruzioni del periodo Meiji in cui vivevano e si muovevano gli stranieri: l’ex ambasciata inglese e quella russa, l’ex palazzo del governo e anche le chiese, tra cui spicca la chiesa russa ortodossa. Uno strano angolo di “non Giappone”, nella sua singolare cornice geografica.






Per ammirare al meglio la particolarità di questa città circondata dalle acque è possibile, se non obbligatorio, salire sulla funivia che porta in cima al Monte Hakodate (ben 334m di altezza!) e da lì godere della vista dal suo osservatorio (1160 yen a/r).
L’ora migliore è quella del tramonto, per aspettare il momento in cui tutta la città si accende e sembra una distesa di stelle nel cielo scuro, ma il freddo ci ha convinto a non attendere oltre e salire subito. Al diavolo il romanticismo, ci perdonerete!




All’interno dell’osservatorio, oltre agli immancabili negozi di souvenir, ci sono anche un ristorante e una sala da tè. Noi ci siamo rivolti al ristorante “Genova” per un momento di relax con vista sul baratro (ricordate o sappiate che noi soffriamo di vertigini), con assaggio delle specialità locali: patate dello Hokkaido, granchio, capesante, seppie ripiene di riso saltato. Consigliato, soprattutto per l'atmosfera.




Dopo essere scesi di nuovo in città abbiamo deciso di non riprendere il tram ma raggiungere il centro a piedi, dando un’occhiata ai negozi. La sera a Hakodate - come in generale in Hokkaido, esclusa Sapporo - chiude tutto molto presto, a eccezione dei bar, quindi siamo entrati in un ristorante per cenare alle sette, e dopo una ventina di minuti eravamo già rimasti soli. Il capo cameriere ci ha avvertiti che in effetti stavano per chiudere, così abbiamo finito la nostra cena a base di kani shumai (ravioli cinesi al vapore ripieni di granchio), yakigyoza (ravioli saltati), karaage (pollo fritto) e kantonmen (ramen nello stile di Canton, ovvero con qualunque cosa dentro), e ce ne siamo andati verso l'albergo. Non siamo tipi da bar, quindi dritti in albergo letteralmente "via col vento".
Avendo visto tutto quello che ci interessava  di Hakodate e non potendo in effetti estendere il raggio della nostra visita ad altre zone della città abbiamo deciso di anticipare la partenza del giorno dopo e prima di uscire dalla stazione abbiamo cambiato le nostre prenotazioni: così facendo purtroppo abbiamo dovuto rinunciare al nostro secondo Hayabusa, ma anche lo Hayate è un ottimo treno shinkansen, anzi direi che non gli manca proprio nulla. 
Martedì mattina quindi ci siamo alzati con relativa calma e ci siamo diretti al ristorante dell’albergo: lì ci aspettava la nostra colazione “viking” (ovvero a buffet), che era veramente vichinga… ogni ben di dio immaginabile era disposto ordinatamente su una distesa impressionante di tavoli, e oltre a ciò alcuni cuochi erano a disposizione per cucinare la carne scelta dai clienti nel modo che preferivano. La mia colazione mi è bastata fino all’ora di cena, era ottima e varia, e aggiunta all’ottimo servizio ricevuto in ogni momento del nostro soggiorno e alla rara ampiezza della camera, vorrei cogliere l’occasione per consigliare caldamente il nostro albergo: Hakodate Kokusai Hotel, meno di 10 minuti di cammino dalla stazione JR Hakodate, subito dopo il mercato mattutino.
A proposito del mercato: ogni mattina il mercato coperto di Hakodate, accanto alla stazione, apre verso le 5 o 6 per chiudere a mezzogiorno, offrendo una quantità e qualità davvero incredibile di pesce fresco, tra cui spiccano gli enormi granchi e le famose seppie della zona. Accanto al mercato ci sono poi diversi ristoranti, che offrono ovviamente specialità a base di pesce freschissimo (chiusi la sera, mannaggia!).
Nota dolente: di fronte al mercato c’è un ristorante specializzato in carne di balena, e in città è presente la catena di fast food “Lucky Pierrot”, una delle cui specialità è l’hamburger di balena. Viene da chiedersi perché, con tutto il pesce - ottimo e non in via d'estinzione - che hanno qui, vadano a cercare proprio la carne di balena per attrarre clienti. Purtroppo anche questo è Giappone, speriamo non per molto ancora.



mercoledì 3 aprile 2013

Sapporo: birra, neve e Ainu

Alzi la mano chi di voi non conosce la birra Sapporo (se lo state facendo, fortuna che non vi vedo ;P). Chi conosce me (astemia) e Marco (quasi) forse si sorprenderà, ma una delle nostre mete imperdibili a Sapporo era proprio la visita alla fabbrica di questa famosa birra, o meglio al museo che è stato ricavato nel vecchio edificio che ospitava l'azienda fino a 20 anni fa. Nel 1876 il Giappone era agli albori della sua definitiva e obbligatoria apertura al mondo esterno, e come olandesi e portoghesi già da tempo presenti al sud avevano insegnato, una delle bevande più apprezzate e redditizie poteva essere prodotta nello Hokkaido ben sfruttando le sue risorse agricole e le sue prospettive di colonizzazione e industrializzazione, oltre al clima freddo che garantiva l'abbondanza di ghiaccio richiesta nel metodo di fabbricazione tedesco della birra. All'epoca il nord del paese era un territorio semi-sconosciuto, considerato selvaggio e ostile, ma non per questo inadatto ai sogni di grandezza dell'imperatore più innovatore che la storia giapponese recente ricordi, sotto il nome di imperatore Meiji. Prodi esperti venivano inviati al Nord per svilupparne i territori adatti all'agricoltura, all'allevamento e alla pesca, e da lì fare arrivare al sud ben più popoloso tutti i prodotti di questa ardua impresa. La birra è stato uno dei primi frutti, con l'apertura della fabbrica Sapporo.







L'ingresso al museo è gratuito, si può decidere se partecipare a una visita guidata (in giapponese) oppure girare liberamente, finendo se si vuole con un assaggio di birra (200 yen) e cibo in accompagnamento. All'esterno c'è anche un giardino (Beer Garten) in cui con la bella stagione è possibile bere e pranzare, e un edificio per fare le stesse cose al coperto e al caldo durante l'inverno.
Alcune fotografie all'interno dell'odierno museo mostrano decine di uomini stranieri con i boccali alzati: gli alleati (probabilmente anche qualche nostro antenato?) ai tempi della seconda guerra mondiale. Non saprei dire degli italiani, ma immagino che i tedeschi abbiano contribuito enormemente alle fasi di controllo qualità.
Il museo mostra anche tutte le fasi della produzione della birra in una miniatura-diorama particolarmente "giapponese": allegri pupazzetti in un mondo fatato lavorano per distillare la birra sotto il controllo di un Meister svolazzante vagamente simile a un cupido.




Noi ci siamo andati di sabato, e complice probabilmente il freddo non c'era la folla temuta. Non consiglieremmo di ripetere la stessa esperienza in una bella e calda giornata di inizio estate, anche perchè proprio accanto al museo sorge un bel centro commerciale che è sicura meta di molte famiglie a Sapporo, come abbiamo avuto modo di constatare anche noi.

Domenica è stata la volta di un viaggio più avventuroso: visitare il centro di promozione della cultura Ainu "Pirka Kotan" di Koganeyu. Gli Ainu sono oggi una sparuta minoranza etnica, costretta a vivere nel profondo nord dai bellicosi abitanti del sud, nei secoli che furono. La lingua e le caratteristiche fisionomiche degli Ainu sono talmente diversi da quelli dei giapponesi oggi comunemente noti che molti studiosi hanno indagato sulle loro origini, alcuni ipotizzando una loro venuta dal continente quando ancora il nord del Giappone era unito o molto vicino alla Mongolia e alla Russia.
La sintetica brochure che pubblicizza il centro indica tre modi per raggiungerlo, tutti con autobus diretti a "Koganeyu onsen" (1280 yen a/r). Non fatevi ingannare: la fermata si chiama solo "Koganeyu" ed è talmente dispersa nel nulla più assoluto che vi sembrerà di avere sbagliato. A noi è sembrato così, in effetti, e ci siamo incamminati verso un'ipotetica fermata successiva, per poi renderci conto che invece doveva proprio essere quella. Quando ci siamo tornati abbiamo notato a fatica le indicazioni, che solo per chi guida sono disponibili in caratteri occidentali su un solo cartello della strada principale dall'altro lato della strada da cui siete arrivati, dopodiché se non sapete leggere il giapponese potete solo continuare fiduciosi camminando nel famoso nulla, fino a quando vi imbattete nei due stabilimenti termali (onsen) del posto e nel brutto edificio in cemento armato che è il "Pirka Kotan".





All'interno il centro è bellissimo: ben tenuto, spazioso, ben organizzato. Raccoglie quella che finora è la più vasta esposizione di oggetti Ainu finora incontrata, compresa la collezione lasciata da Fosco Maraini al Museo di Etnologia di Firenze, dove siamo stati due anni fa. A differenza di quella, però, i reperti sembrano quasi tutti molto recenti (non gli darei un secolo di vita) e curiosamente non sono datati, lasciando il visitatore un pò incerto... o forse disturba solo noi? In ogni caso, oltre alla raccolta di abiti, ornamenti e oggetti di uso quotidiano, ci sono computer a disposizione per ulteriori approfondimenti e all'esterno una barca lunga 15m (non esposta per via della neve) e la ricostruzione di un villaggio con annesso laghetto. Spicca la mancanza di fotografie, che rende tutto quanto un pò troppo impersonale, come se si parlasse di preistoria morta e defunta. Nonostante questo consigliamo la visita (200 yen l'ingresso) anche in compagnia dei bambini, che possono divertirsi con attività e laboratori  fatti apposta per loro.








Nel tardo pomeriggio abbiamo fatto un giretto in centro, nella zona di Odori. La città è strutturata a scacchiera, è piatta e raccolta, quindi non fosse per il freddo la si potrebbe girare comodamente a piedi o in bicicletta. Noi ci siamo diretti a piedi dalla stazione, e al ritorno abbiamo approfittato del passaggio sotterraneo (ve ne avevamo già parlato 4 anni fa!) per non prendere troppo freddo, avendo già visto abbastanza. Nel suo tratto più lungo e privo di negozi il tunnel offre diversi spazi per fermarsi a riposare, alcuni sono dei veri e propri angoli di relax con sedie e tavolini inseriti in finti giardini. Al contrario dei nostri ben noti sottopassaggi, qui regna la pulizia e la tranquillità di uno spazio ben curato e sicuro. Vi ho mai detto che mi piacerebbe vivere a Sapporo?



Nota di oggi (03/04): abbiamo lasciato ieri lo Hokkaido, dopo aver visitato anche Hakodate, e ora siamo a Kyoto. Spero di riuscire ad aggiornarvi meglio ora che abbiamo una casetta con wifi funzionante =) Ciao a tutti!